Leggere è un'attività utilissima e bellissima, che arricchisce chi la svolge, ma che purtroppo di questi tempi è un po' fuori moda. Per quanto ci riguarda, abbiamo pubblicato - o stiamo per farlo - libri per bambini, ragazzi ed adulti, per non lasciare fuori nessuno e coinvolgere tutti nel nostro progetto. Con ogni titolo, sosterremo un'associazione che lavora per rendere il pianeta Terra un posto migliore. Tu cosa vorresti leggere? Scegli la storia che fa più al caso tuo!
"I dati della qualità dell’aria di Roma sono pessimi (livelli pm10 ecc.); soprattutto durante l’inverno, spesso vengono superati i limiti di legge europei all’interno del grande raccordo anulare e della ZTL. Ciò dipende dalla mobilità non sostenibile e da sistemi di riscaldamento non efficienti. Bisogna distinguere come approcci l’arboricoltura urbana (viali urbani, parchi, giardini, aree verdi ecc.) dalla difesa fondamentale degli habitat naturali."
Terra è un progetto portato avanti da Sara ed Enrico, che hanno un piccolo appezzamento di terreno che è sempre stato usato per agricoltura intensiva, lasciando pochissimo spazio agli animali selvatici. Nel tempo, stanno provando a ripristinare un corridoio ecologico, seminando nuove piante e restituendo dignità ad un pezzetto di pianeta.
"Per ogni Vaia Cube venduto pianteremo un albero nelle zone colpite. Mettere a dimora un albero significa anche ripulire il bosco, rispettare la biodiversità e monitorare lo stato di salute delle piantine. È un’operazione che porta a innumerevoli vantaggi: cattura della CO2 e del PM10, prevenzione del rischio idrogeologico, abbellimento del paesaggio. E poi contribuisce alla rinascita delle Dolomiti."
"Il marchio FSC® identifica i prodotti contenenti legno proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. La foresta di origine è stata controllata e valutata in maniera indipendente in conformità a questi standard."
Sappiamo benissimo che deforestare significa mettere a disposizione nuovi terreni per altre attività, agricole ed industriali e per favorire l’urbanizzazione. Deforestare significa promuovere l’economia ed aumentare il valore dei suoli. Ma non abbiamo bisogno di ciò. Le risorse esistenti sono più che sufficienti per la popolazione mondiale, basterebbe una maggiore equità nella loro distribuzione.
Deforestazione Made in Italy è frutto di un lavoro di due anni, iniziato attraverso singole inchieste giornalistiche che approfondivano il ruolo delle importazioni in Italia dal Brasile di materie prime legate alla deforestazione, come la carne di manzo, la soia, o l'olio di palma, ma anche il legno o la pelle. Le eccellenze italiane sotto processo in questo film.
Con questa petizione Diana Alghisi ed i suoi sostenitori chiedono che venga istituito un giorno dedicato agli alberi e che, in occasione di tale ricorrenza, ad ogni individuo venga chiesto di piantarne uno.
Scritta da Valentina Longo ed illustrata da Marco Maggioni, questa favola fatta in casa ci insegna che spesso i bambini hanno risposte davvero semplici ed efficaci a problemi ambientali apparentemente insormontabili.
Una serie di trailer e titoli di documentari e reportage televisivi che parlano in maniera dettagliata della deforestazione, delle sue cause e degli effetti su umani ed ambiente.
Parla Lorenzo Cioce, fondatore e presidente
Pubblicata il 14 gennaio 2022
Di cosa si occupa Daje de Alberi?
Si occupa di riforestazione e di rigenerazione a Roma. È un progetto sociale basato sulla valorizzazione del bene comune e della bellezza. Vengono organizzati eventi costanti di cura sia degli alberi piantati dall’associazione sia del patrimonio ambientale esistente. Attraverso i social si punta alla sensibilizzazione ecologica e al coinvolgimento attivo della cittadinanza.
Qual è, secondo lei, l’utilità di un’attività di questo tipo?
Il progetto ha un enorme valore sociale, ambientale e politico nel più alto senso del termine poiché riesce a coinvolgere diversi attori nella cura e nella riscoperta del verde urbano, fondamentale per mitigare gli effetti devastanti del climate change e l’inquinamento atmosferico che miete migliaia di vittime ogni anno.
Quali sono i dati riguardanti la salubrità dell’aria nelle città italiane? Perché crede che sia più popolare abbattere – anche massivamente – alberi e foreste invece che piantarne? Quali problemi scaturiscono da questo tipo di approccio?
I dati della qualità dell’aria di Roma sono pessimi (livelli pm10 ecc.); soprattutto durante l’inverno, spesso vengono superati i limiti di legge europei all’interno del grande raccordo anulare e della ZTL. Ciò dipende dalla mobilità non sostenibile e da sistemi di riscaldamento non efficienti. Bisogna distinguere come approcci l’arboricoltura urbana (viali urbani, parchi, giardini, aree verdi ecc.) dalla difesa fondamentale degli habitat naturali. Sono due strategie che vanno perseguite con fermezza e non sono affatto in contrapposizione per la mitigazione delle conseguenze del cambiamento climatico. Approccio locale e visione globale è un mantra che va ripetuto a tutti coloro che si occupano di tutela ambientale. Abbiamo città intere da riforestare e da proteggere dall’impermeabilizzazione del suolo: abbiamo consumato suolo e continuiamo a farlo senza pensare alle conseguenze devastanti di questa attività umana.
In città dobbiamo combattere la cecità vegetativa, costruire una sensibilità per il verde, c’è molto da fare per l’alleanza strategica tra piante ed esseri umani per migliorare la qualità della vita e arricchire la biodiversità. Daje de Alberi è nata per questo.
Crede che in Italia si sia sviluppata una maggiore consapevolezza al riguardo? Cosa si sentirebbe di consigliare in tal senso?
In Italia si sta sviluppando una grande consapevolezza ecologica. Sono nate tante bellissime realtà, c’è grande dinamismo e bisogna coinvolgere ancora di più i media, la politica, le scuole e le giovani generazioni. Ottimo il piano RiGenerazione scuola. Da una parte, siamo tra i primi in Europa per raccolta differenziata e per energie rinnovabili, dall’altra dobbiamo aumentare le pene e i controlli sull’abbandono illecito di rifiuti e incentivare la cura costante del verde e non solo la riforestazione.
Gli incentivi alle associazioni locali del terzo settore sarebbero una grande occasione per migliorare la qualità della vita dei territori partendo dal basso e dall’entusiasmo degli attivisti. Daje.
In questo breve video si parla nel dettaglio del meraviglioso progetto dell'associazione Daje de Alberi nel corso del TG RAI regionale.
Parla Giuseppe Addamo, Responsabile della comunicazione
Pubblicata il 22 ottobre 2021
Come nasce l'idea per Vaia ed in cosa consiste?
La nostra ambizione è raccontare una storia di resilienza e di rinascita. Vaia era nota per essere la tempesta che ha colpito il Nord-Est Italia, ma ora il nome Vaia sta acquisendo valenze positive. Oggi infatti Vaia è un prodotto artigianale made in Italy, un progetto di economia circolare e una visione di futuro. La vision di Vaia è di realizzare oggetti utili sia per l’uomo ma anche per la natura, recuperando materie prime provenienti da luoghi colpiti da calamità naturali, come gli alberi delle Dolomiti. In futuro vogliamo intervenire in altre realtà, generando benefici per l’intero ecosistema all’interno del quale operiamo. Noi definiamo il Vaia Cube un oggetto “simbolico”, in quanto rappresenta una metafora, un tentativo di amplificare il grido della natura, a cui chiediamo di prestare ascolto. Vaia vuole essere anche un tentativo di sensibilizzazione sull’importanza dell’impatto ambientale che ogni giorno viene creato dalla società: cittadini, istituzioni, aziende. Pertanto Vaia aspira a essere un oggetto iconico, portatore di un messaggio più grande. Vogliamo proporre oggetti unici, iconici, capaci di ispirare gli altri.
Quali ragioni vi spingono a credere nel vostro progetto?
Crediamo che la idea realmente innovativa che sta alla base di questo progetto è essere un esempio di vera economia circolare, in cui produrre non significa sfruttare o sottrarre risorse all’ecosistema, bensì restituire al territorio e all’ambiente. Per questo motivo, per ogni Vaia Cube venduto pianteremo un albero nelle zone colpite, chiudendo così il cerchio. Mettere a dimora un albero significa anche ripulire il bosco, rispettare la biodiversità e monitorare lo stato di salute delle piantine. È un’operazione complessa, ma porta a innumerevoli vantaggi: cattura della CO2 e del PM10, prevenzione del rischio idrogeologico, abbellimento del paesaggio. Ma, più di ogni altra cosa, si contribuisce alla rinascita delle Dolomiti.
Qual è l'impatto dei tradizionali oggetti in legno? Quali le conseguenze di una deforestazione massiccia?
Per le risposte a queste ultime due domande, invito a leggere questi bellissimi articoli scritti dal nostro copywriter Alessandro Veneri, che riassumiamo brevemente di seguito: "L’Italia sfoggia una superficie boschiva ben superiore alla media, con tassi di prelievo legnoso attorno al 30% della crescita annuale (meno della metà della media EU). Il Ministero dell’Ambiente stima che la quota possa essere aumentata al 40-45%; unitamente al miglioramento della gestione dei boschi esistenti, l’incremento potrebbe annullare l’importazione di legno grezzo e dare nuovo slancio alle filiere locali della prima lavorazione, incentivando così l’industria made in Italy del legno.
L’aumento dei prelievi non può prescindere da una gestione sostenibile del bosco. Benché l’Italia figuri come secondo paese al mondo per numero di certificazioni di filiera FSC, la superficie di foreste certificate è ferma da qualche anno al 9%. Deve intervenire la competenza dei silvicoltori, che imitano e anticipano la natura rinnovando la popolazione boschiva attraverso tagli mirati e pianificazione.
Le foreste sono un pilastro delle strategie di decarbonizzazione. Quelle italiane rimuovono ogni anno circa 46 milioni di tonnellate di CO2, poco più del 10% delle emissioni totali nazionali (2018). Dei nuovi 3 miliardi di fusti previsti dalla Strategia EU per la biodiversità 2030, 200 milioni sono stati assegnati all’Italia.
È ancora una volta il decalogo Sisef 2021 a fornire indicazioni preziose al riguardo: utilizzare legno locale è un primo passo importante verso la mitigazione climatica, indirizzandolo agli impieghi che massimizzano il sequestro di CO2, come l’edilizia.
Una decisa inversione di rotta è richiesta per diminuire l’uso di legname riutilizzabile come materiale di combustione. Ad oggi circa l’80% dei tagli ha questa destinazione – un trend in aumento, che secondo il prof. Davide Pettenella è “segno di un processo di despecializzazione delle produzioni di legname verso quelle di minor valore”. Per di più, l’effettivo impatto climatico delle biomasse è ancora materia di controversie."
Cosa si potrebbe fare, secondo lei, per migliorare questo settore del mercato e renderlo più sostenibile sotto tutti gli aspetti?
"Un’economia più circolare. Nell’economia primitiva descritta da Marshall Sahlins, il coltello che un indigeno ricevette in regalo da un missionario dopo essergli corso in aiuto cominciò a girare tra i vari membri della tribù – tenere un oggetto tanto prezioso unicamente per sé avrebbe innescato un destabilizzante gioco di invidie personali. Quella circolarità era insita in molteplici pratiche, ed è sopravvissuta fin nei sistemi filosofici Indoeuropei di 2500 anni fa. "Qual è la forma del pensiero antico?", si chiedeva Thomas McEvilley in un’omonima raccolta. "Rotonda", concluse in maniera semplice e disarmante. Dopo essere (momentaneamente) sfuggiti alla trappola malthusiana, tornare a quella forma originaria richiede ora uno sforzo cosciente. Piegare la linea in cerchio, avvicinando quelle due estremità quanto più possibile: ecco il lavoro che ci attende."
In questo breve video i fondatori di Vaia spiegano le origini del nome che hanno scelto per il loro marchio e le ragioni etiche ed ambientali che li spingono ad utilizzare materiali di scarto e a realizzare prodotti unici.
Parla Diego Florian, direttore FSC Italia
Pubblicata il 10 marzo 2021
Di cosa si occupa il Forest Stewardship Council (FSC)?
FSC è un’organizzazione internazionale non governativa, indipendente e senza scopo di lucro, nata 25 anni fa per promuovere la gestione responsabile delle foreste nel mondo. In Italia è presente dal 2001.
La nostra missione è stimolare l’adozione di pratiche rispettose dell’ambiente, utili dal punto di vista sociale ed economicamente sostenibili nella gestione delle foreste e delle filiere collegate (legno, carta, altri prodotti forestali), in modo da soddisfare i nostri bisogni senza compromettere quelli delle generazioni future. È ciò che chiamiamo "Foreste per tutti, per sempre".
Perché crede che sia importante che esistano controlli e certificazioni di questo tipo?
Nonostante il tasso di deforestazione sia rallentato nell’ultimo decennio, ogni 2 secondi perdiamo un pezzo di foresta pluviale grande quanto un campo da calcio. Ciò non significa solo perdita di copertura forestale, ma anche di biodiversità e servizi naturali (acqua e aria pulite, conservazione del suolo e delle funzioni socio-culturali di questi luoghi). A ciò aggiungiamo che ancor oggi 1,6 miliardi di persone dipendono in maniera diretta dalle foreste come mezzi di sussistenza, cibo, riparo, medicine, e ognuno di noi ha a casa, a scuola o in ufficio prodotti di origine forestale come fogli di carta, sedie di legno, tavoli ecc
Le foreste sono inoltre uno dei mezzi più potenti che abbiamo per mitigare le conseguenze della crisi climatica. Per tutti questi motivi, e per molti altri ancora, dobbiamo prenderci cura di queste aree, gestendole in modo sostenibile.
FSC garantisce che le attività in foresta, così come gli anelli della filiera produttiva, siano controllati, assicurando l’origine sostenibile e legale dei prodotti che acquistiamo. Un fattore di primaria importanza, se pensiamo ad esempio che circa 1/3 del legname oggi disponibile sul mercato ha origine non lecita o comunque incerta.
Quali sono, secondo lei, le principali cause e conseguenze di una deforestazione massiccia come quella che sta avendo luogo in questi anni? Qual è la relazione fra quest'ultima ed i cambiamenti climatici?
La causa principale della deforestazione è purtroppo una sola: l’uomo. Ancor oggi intere foreste vengono tagliate in modo indiscriminato per fare spazio a coltivazioni estensive e pascoli o per ricavarne il legname. La stessa pandemia che ha colpito tutto il mondo nel 2020 ha origine da questo: disboscando e distruggendo le aree forestali, l’uomo ha maggiore probabilità di venire in contatto con animali infetti. Sono le cosiddette zoonosi, malattie virali che si sviluppano negli animali e che possono, attraverso un salto di specie, arrivare all’uomo.
Ma la deforestazione porta con sé anche altri effetti negativi, come la perdita di biodiversità (pensiamo alla moria di insetti impollinatori), la sempre minor capacità delle foreste di produrre servizi (ad esempio è l’acqua potabile che beviamo, che per 2/3 viene filtrata e resa disponibile dalle foreste), di immagazzinare CO2 e controllare il flusso delle masse d’aria.
Questi ultimi due punti sono direttamente collegati alla funzione climatica delle foreste: crescendo, gli alberi assorbono CO2 e la immagazzinano, prevenendone il rilascio in atmosfera. Attraverso la traspirazione poi, regolano l’umidità e le precipitazioni. Se perdiamo le foreste, finiremo per perdere anche la sfida contro i cambiamenti climatici.
Qual è la risposta delle aziende e dei consumatori? Crede ci sia una differenza fra la nostra ed altre nazioni europee? Quale consiglio si sentirebbe di dare per cambiare in positivo le tendenze del mercato italiano?
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una decisa inversione di rotta, in Europa come anche in molti altri Paesi: aziende e persone sono più attente all’origine dei prodotti che acquistano, e sono tendenzialmente disposte a spendere di più per prodotti che garantiscono l’origine sostenibile della materia prima e/o controlli sulla filiera. D’altra parte, questa maggiore coscienza fa sì che il greenwashing, una serie di pratiche di facciata tese ad aumentare la percezione e l’immagine positiva di un’azienda, sia facilmente individuabile e venga punito dalle persone.
La pandemia da COVID-19 ha aumentato poi la percezione della fragilità del nostro Pianeta, ma anche dei sistemi di produzione e consumo, da tempo diventati insostenibili. Abbiamo capito che se distruggiamo un’area forestale in Indonesia o in Brasile, questo avrà effetti nefasti non solo locali.
L’Italia può giocare un ruolo da capofila in questo senso: è il primo Paese in Europa e secondo al mondo per numero di aziende che decidono di lavorare e trasformare legno e carta certificati FSC, dando un enorme impulso a filiere etiche, trasparenti e sostenibili. Non solo: siamo anche tra le prime nazioni per quanto riguarda il riciclo del legno. Purtroppo non si può dire lo stesso sul lato forestale: mentre vaste aree del mondo perdono la copertura naturale, dal secondo Dopoguerra in Italia i boschi stanno avanzando e rappresentano ormai il 40% del territorio nazionale. Per molto tempo ci siamo dimenticati di questa incredibile risorsa, e abbiamo deciso - paradossalmente - di acquistare legname da Paesi limitrofi come Austria, Croazia e Slovenia e non solo.
Dovremo quindi sapere ritornare ad essere un Paese forestale, in grado cioè di gestire e valorizzare il patrimonio boschivo per le funzioni e i prodotti da cui dipendiamo quotidianamente, lavorando oggi per consegnare alle generazioni future un mondo migliore.
Per capire meglio di cosa si occupa FSC, ecco un video esemplificativo della gestione forestale responsabile delle foreste tropicali, prodotto da FSC Olanda e tradotto in italiano nell’ambito delle attività della European Sustainable Tropical Timber Coalition.
Pubblicata il 17 novembre 2020
In cosa consiste la sua professione e quali tematiche tratta nello specifico?
Mi occupo ormai da 20 anni di gestione dell’ambiente e del territorio, sia come attività di ricerca, divulgazione scientifica (pubblicazioni, convegni, tesi) e docenza sia a livello universitario che post-diploma. I temi che affronto vanno dall’energia al paesaggio, alla conservazione del territorio e della biodiversità, all’inquinamento, alla legislazione vigente e sua applicazione, all’educazione ambientale, ecc...
Gli studenti sono molto interessati perché capiscono l’importanza di vivere in un ambiente sano e di qualità.
La gestione dell’ambiente e del territorio è variegata e coinvolge non solo temi diversi, ma anche professionalità differenti. Collaboro con avvocati, ingegneri, architetti, medici, agronomi, ecc... E’ sempre più importante integrare le professionalità e non lavorare in modo isolato, promuovendo le sinergie ed abbandonando gli antagonismi ed i protagonismi personali. Questo non solo per le problematiche ambientali, ma in tutte le professioni.
Quali sono, secondo lei, le principali cause e conseguenze di una deforestazione così massiccia? Qual è la relazione fra quest'ultima, l'erosione del terreno e la perdita di biodiversità?
Sappiamo benissimo che deforestare significa mettere a disposizione nuovi terreni per altre attività, agricole ed industriali e per favorire l’urbanizzazione. Deforestare significa promuovere l’economia ed aumentare il valore dei suoli. Ma non abbiamo bisogno di ciò. Le risorse esistenti sono più che sufficienti per la popolazione mondiale, basterebbe una maggiore equità nella loro distribuzione. Purtroppo la ricchezza è nelle mani di pochi, ci sono ricchi ricchissimi e poveri poverissimi, i secondi in percentuale nettamente superiore e spropositata. Per questo non è necessario deforestare, specialmente nei luoghi in cui è presente una notevole biodiversità (foreste “primogenie”) e dove c’è una notevole urbanizzazione come in Europa ed Italia. La presenza delle foreste e dei boschi assolve a notevoli funzioni che vanno preservate e tutelate.
Si parla di multifunzionalità delle risorse forestali. Ricordiamo la protezione dal dissesto idrogeologico e dalle frane (la vegetazione o meglio le radici consolidano il terreno, permettono un migliore deflusso e regimazione delle acque in eccesso), contribuiscono alla lotta ai cambiamenti climatici ed alla fissazione dell’anidride carbonica, un gas ad effetto serra, migliorano il paesaggio, proteggono la biodiversità, promuovono attività ecocompatibili, ecc. Se mancano le risorse boschive, avvengono dissesti idrogeologici, alluvioni nei territori in cui sono state disboscate. La parte migliore del suolo e del terreno viene erosa, ed il terreno si impoverisce. I boschi sono serbatoi di biodiversità che vanno tutelati e protetti dall’estinzione. Pensiamo non solo ai vegetali, agli animali come mammiferi ed uccelli, ma anche alle biocenosi di insetti e microrganismi.
In quali aree italiane è più evidente questo fenomeno?
Il problema è stato maggiore nel passato, oggi in molte aree si assiste al fenomeno opposto. Il bosco diventa invasivo e non viene più gestito. Ricordiamo che almeno in ambito europeo non ci sono foreste primogenie se non in alcuni rari territori. Ci sono boschi governati che sono coltivazioni a tutti gli effetti. L’avanzata dei boschi, soprattutto nelle Alpi è notevole. Si sono perse numerose attività agro-silvo-pastorali tipiche, che vanno recuperate. Lo spopolamento della montagna e l’eccessiva riforestazione sono fenomeni negativi. Bisogna trovare un nuovo equilibrio, tra uomo, natura e montagna.
L’unico vantaggio della riforestazione con l’avanzata del bosco è la creazione di corridoi ecologici, che hanno favorito l’ingresso di animali scomparsi nel passato quali orsi, lupi, linci, ecc... Animali che sono ecologicamente utilissimi, anche per la salvaguardia delle foreste e delle popolazioni di erbivori che creavano danni ai boschi ed erano focolai di epidemie. Purtroppo molto contestati. In tal senso bisogna educare le persone ad amarli ed a rispettare il loro ruolo ecologico. E’ necessaria un’appropriata educazione ambientale, promossa dai tecnici del settore (biologi, faunisti, veterinari, ecc...). Fra i criteri di buona gestione dei boschi e delle foreste, ricordiamo la selvicoltura naturalistica, che favorisce popolamenti con notevole biodiversità e disetanei. La scuola forestale austriaca e, in Italia, quella di Vallombrosa sono i pilastri da seguire ed ispirarsi in tal senso.
Crede che negli ultimi anni l'attenzione nei confronti dei problemi ambientali – soprattutto di questo tipo – sia aumentata? In quale modo? Quanto c'è ancora da fare?
Se guardo alle persone che incontro più spesso, ossia i giovani, la risposta è affermativa. Trovano molto interessanti i temi ambientali e soprattutto di attualità. Chi è contrario sono spesso le vecchie generazioni. Sono negativi i comportamenti negazionisti, che negano soprattutto i cambiamenti climatici. Bisogna educare e sensibilizzare. Ben vengano persone come Greta Thunberg che sensibilizzino soprattutto le giovani generazioni. E’ stata una ragazza manipolata? Forse sì, ma non dimentichiamo un suo pregio: ha saputo parlare una lingua semplice anche per i “potenti del mondo”. Ha saputo mettere in evidenza un problema, ovvero che di Pianeta Terra ce n’è uno solo e per sopravvivere bisogna proteggerlo ed amarlo. Non possiamo mangiare cemento.
Non posso dimenticare Papa Franceso con l’enciclica Laudato si', sulla “cura della Casa comune” cioè la Terra. L’ecologia integrale deve diventare, dunque, un nuovo paradigma di giustizia, perché l’uomo è connesso alla natura ed essa non è “una mera cornice” della nostra vita. “Non ci sono due crisi separate, una ambientale ed un’altra sociale – scrive il Papa – bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”. Di qui, il richiamo alla “amicizia civica” ed alla solidarietà, sia intra-generazione che inter-generazionale, la cui lesione “provoca danni ambientali”. L’ecologia integrale “è inseparabile dalla nozione di bene comune” e ciò implica il compiere scelte solidali sulla base di “una opzione preferenziale per i più poveri”. Abbiamo, inoltre, bisogno di politici più consapevoli e responsabili e di una visione globale dei problemi ambientali. Bisogna educare all’ambiente ed alla sostenibilità, agendo a livello locale come singoli cittadini del mondo, informando correttamente la popolazione. Solo così attuiamo il pensiero della Conferenza di Rio, “Pensare globalmente – Agire localmente”.
Nel corso della sua carriera, il dott.Bordin ha pubblicato diversi testi riguardanti l'erosione del terreno, la biodiversità e la deforestazione, ma non solo. Fra i titoli più importanti troviamo: Sviluppare la sostenibilità e Biocombustibili e biocarburanti, La città sostenibile e Gestione della sicurezza lavoro in impianti di produzione enegia.
Pubblicata il 28 ottobre 2020
Da cosa nasce l'idea per Deforestazione Made in Italy? Quanto tempo e lavoro ha richiesto?
Deforestazione Made in Italy è frutto di un lavoro di due anni, iniziato attraverso singole inchieste giornalistiche che approfondivano il ruolo delle importazioni in Italia dal Brasile di materie prime legate alla deforestazione, come la carne di manzo, la soia, o l'olio di palma, ma anche il legno o la pelle.
Molti dei contenuti del documentario sono stati pubblicati su giornali online tra il 2017 e il 2019 e ad agosto 2019 abbiamo pubblicato la versione documentario di questa inchiesta, che aggiunge nuova luce alla storia. Mostrare infatti in un film unico (di 67 minuti) in che modo il nostro Paese è interconnesso con il fenomeno della deforestazione tropicale, in particolare in Amazzonia, è un passo fondamentale per capire in che modo dovremo affrontare questo problema nei prossimi anni, cambiando le regole del commercio, se vogliamo sperare di contrastare davvero il riscaldamento globale.
Cosa vi ha spinto - e continua a spingervi - a credere in questo progetto?
Il tema della deforestazione è un tema tristemente sottorappresentato nell'informazione, in Italia e in Europa. O almeno lo è stato, fino ad agosto/settembre 2019, quando una stagione record degli incendi in Amazzonia ha costretto i media di tutto il mondo a riportare l'attenzione su questo tragico fenomeno, che negli ultimi decenni non si è mai arrestato.
Eppure la battaglia contro la deforestazione è una battaglia di sopravvivenza, perché la deforestazione tropicale è uno dei principali motivi del riscaldamento globale, della perdita di biodiversità, e anche delle epidemie che in numero sempre maggiore hanno minacciato l'uomo negli ultimi decenni, già prima dell'esplosione del Covid 19.
Quali sono, secondo lei, le principali cause e conseguenze di una deforestazione così massiccia?
La deforestazione e gli incendi nelle foreste tropicali, in Sud America, in Africa, in Sudest asiatico, dipende da ragioni economiche. Secondo la FAO almeno il 70 per cento della deforestazione dipende direttamente dalla creazioni di superfici agricole, in particolare pascoli, monocolture di soia e di palme da olio.
Per dirle in altri termini: la deforestazione non è un fenomeno naturale, ma risponde ad una precisa economia, legata alla creazione di nuovi pascoli (per produrre carne di manzo e pelle), di campi di soia e di palme da olio.
L'avanzata di questa iperproduzione a sua volta dipende da una richiesta sempre maggiore della domanda: il legno, che in Italia rifornisce l'industria del mobile e l'edilizia; la carne di manzo, che in Italia si usa in particolare per produrre la Bresaola della Valtellina o la carne in scatola; la pelle, che in Italia è usata per produrre vestiti, accessori (scarpe, borsette), oppure è lavorata per rivestire gli interni delle automobili di tutta Europa; la soia, che è usata al 95 per cento come materia prima per i mangimi negli allevamenti intensivi in Italia, in Europa e -in misura tragicamente sempre crescente- in Cina.
Cosa si sentirebbe di consigliare a questo riguardo ai consumatori italiani?
Alcuni prodotti possono generalmente essere evitati, ed è il caso dell'olio di palma, almeno nei prodotti industriali, oppure della bresaola, che è quasi sempre prodotta con carne brasiliana, o ancora degli interni in pelle dell'automobile. In altri casi si può fare affidamento a certificazioni credibili, come FSC per il legno (ad esempio quando si compra una cucina, invece che guardare al marchio si può chiedere un prodotto certificato).
Per quanto riguarda la soia, la soia sudamericana è usata sempre nella produzione di qualsiasi prodotto di origine animale (carne suina, pollo, uova in particolare, ma anche carne di bovini o latte e formaggio, e persino pesci da allevamento). Qui sta alla sensibilità individuale: si può scegliere di evitare questi prodotti, oppure - e questo è doveroso per tutti - limitarne il consumo, che non può più essere quotidiano come per la maggior parte di noi.
Resta infine un problema di fondo, ovvero che spesso queste materie prime sono “invisibili”. Ad esempio possiamo evitare l'olio di palma nei cibi in scatola che compriamo (dove è sempre indicato in etichetta), ma possiamo ritrovarcelo a nostra insaputa quando ordiniamo un fritto al ristorante (visto che è uno di quelli più economici), oppure nei biocarburanti, o ancora in prodotti cosmetici.
Questo è un problema che prima o poi dovrà essere risolto a livello normativo, dall'Europa, che dovrà chiedere conto a chi foraggia la deforestazione di pagare il costo ambientale della devastazione che produce, le cui ricadute colpiscono tutti noi. Per arrivare a questo, però, la prima cosa è l'informazione, la creazione di un movimento di opinione quanto più ampio possibile, che chieda alle istituzioni di mettere fine una volta per tutte all'epoca della deforestazione made in Italy.
Grazie ad una raccolta fondi mirata, si è arrivati alla realizzazione di Deforestazione Made in Italy, un documentario di 67 minuti.
Il nuovo progetto, One Earth, che parlerà dello sfruttamento degli animali, può essere sostenuto tramite una nuova campagna di crowdfunding.
Avocado, cartelli della droga e deforestazione sono i temi principali di questo episodio di Indovina Chi Viene a Cena.
La realtà dello scontro fra interessi economici ed etica è il tema centrale di questo documentario che narra come la sete di petrolio abbia cambiato il Virunga National Park.
Dagli studi e dalle esperienze di Sir David Attenborough nasce un documentario che è un appello a tutti gli esseri umani per la salvaguardia del pianeta.
Uno sguardo alle lotte e alla violenza per il possesso di una terra sempre più sfruttata, i cui rispettosi abitanti si trovano ormai senza casa in nome di produzione e guadagno.
Un documentario che parla dell'annuale stagione degli incendi, chiaramente dolosi, che hanno luogo nella foresta pluviale indonesiana.
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