Leggere è un'attività utilissima e bellissima, che arricchisce chi la svolge, ma che purtroppo di questi tempi è un po' fuori moda. Per quanto ci riguarda, abbiamo pubblicato - o stiamo per farlo - libri per bambini, ragazzi ed adulti, per non lasciare fuori nessuno e coinvolgere tutti nel nostro progetto. Con ogni titolo, sosterremo un'associazione che lavora per rendere il pianeta Terra un posto migliore. Tu cosa vorresti leggere?
Scegli la storia che fa più al caso tuo!
"Recuperiamo è un'applicazione innovativa che consente ai volontari di partecipare
attivamente e organizzare campagne di raccolta rifiuti in modo semplice e intuitivo, semplificando non solo l'organizzazione delle raccolte, ma arricchendo anche l'esperienza attraverso la registrazione dettagliata dei dati relativi alle attività di recupero. Inoltre, i volontari hanno la possibilità di guadagnare riconoscimenti speciali sotto forma di badge di merito, valorizzando così il loro prezioso contributo alla causa ambientale."
"I segnali sono straordinariamente incoraggianti, sono davvero in crescita i consumatori definiti “responsabili”.
Restiamo vigili, informiamoci, guardiamo le etichette e scegliamo con cura i prodotti di consumo.
Compriamo poco e meglio, riutilizziamo, recuperiamo, ripariamo, dove possibile. E prendiamoci davvero cura di questo pianeta, per proteggere come possiamo la sua generosa bellezza e la fragilità dei suoi equilibri."
"Si stima che ogni singolo assorbente impieghi circa 500 anni per decomporsi, senza mai degradarsi completamente vista la sua composizione sintetica. Milioni di assorbenti che, insieme ai pannolini per neonati, sono tra i rifiuti maggiormente presenti nelle discariche di tutto il mondo. Prodotti pensati per avere una vita brevissima hanno un impatto ambientale enorme: un puro controsenso. Per fortuna ad oggi esistono alternative validissime, adatte ad ogni tipo di necessità."
"Plasticaqquà A.P.S. è un gruppo di cittadinanza attiva che ripulisce le coste e le spiagge dei due mari di Taranto dal 2013. Realizza iniziative che mirano a sensibilizzare alle tematiche ambientali, promuove la valorizzazione di tratti costieri abbandonati e svolge attività di denuncia. Sino a fine 2021 ha effettuato 111 raccolte rifiuti rimuovendo dall’ambiente 43,4 tonnellate i rifiuti. Nel 2020 ha avviato un’ecolibreria in cui si può scegliere un libro usato in regalo tra quelli disponibili, ogni 10 bottiglie in plastica o lattine in alluminio consegnate."
"Un bambino, nei primi tre anni di vita, consuma circa 5000 pannolini usa e getta; utilizzando gli inserti lavabili, si risparmia al nostro ambiente anche una tonnellata di rifiuti ed i 500 anni necessari a decomporsi. Scegliendo i nostri refill usa e getta si può essere sicuri di non buttare plastica o materiali sbiancati chimicamente. Non bisogna soffermarsi solamente sulla comodità o sul prezzo. Dovremmo essere sempre consapevoli di ciò che compriamo e dell’impatto a breve e lungo termine che le nostre scelte hanno su di noi e sul nostro pianeta."
"Il libro è solo la punta dell’iceberg di un progetto nel quale vogliamo sviluppare percorsi educativi per promuovere l’unicità di tutti, l’eguaglianza di opportunità e l’accessibilità. Il rispetto della natura e la promozione dell’attività sportiva saranno sia mezzo che finalità di questi percorsi. Il surf per tutti è il nostro obiettivo, contribuendo con il nostro progetto allo sviluppo del surf adaptive anche in Italia. Non ha prezzo regalare l’emozione di cavalcare un’onda a chi ha la voglia e la volontà di provarci."
"Non so se fa più paura sapere che 570.000 tonnellate di rifiuti si trovano nel Mar Mediterraneo o che l'uomo ingerisce ben 5 grammi di plastica a settimana, come se ogni sabato al posto della pizza mangiassimo una bella carta di credito. Ripulire le spiagge permette di non far arrivare in mare i nostri rifiuti e salvare il salvabile, ma ciò non basta. Per dare una vera svolta al problema bisogna educare e informare la gente sulle problematiche a cui può portare un rifiuto abbandonato."
"Ci hanno sempre colpito in maniera particolare le foto di fiumi come il Gange, colmi di plastica e altri rifiuti. Abbiamo creato un sistema modulare costituito da una barriera intelligente che permette di bloccare la plastica che i fiumi trasportano, raccogliendola prima che raggiunga il mare. Si tratta di un sistema rivoluzionario: è ad impatto zero, è auto alimentato, è autonomo ed è l’unico che permette la navigabilità. Recentemente il sistema è stato implementato con un plug-in in grado di assorbire l’olio e altri liquidi inquinanti."
"Secondo i rapporti UNEP e FAO, le reti da pesca abbandonate nei mari di tutto il mondo rappresentano circa il 10% dei rifiuti plastici presenti negli oceani. La nostra missione ha l’obiettivo di sensibilizzare e responsabilizzare la comunità̀ locale (cittadini, pescatori, subacquei) per preservare il mare e gli animali marini, impedendo a queste “reti” di danneggiare questi delicati ecosistemi."
Una petizione per eliminare definitivamente la plastica monouso, che oltre 850.000 persone hanno già firmato.
L'obiettivo: raccogliere un milione di firme. La petizione fa parte di una campagna contro l'usa e getta più grande, a cui partecipano anche altri privati ed altre associazioni, fra cui WWF Italia.
Una serie di trailer e titoli di documentari e reportage televisivi che parlano in maniera dettagliata dell'inquinamento da plastica e dei suoi effetti su esseri umani ed ambiente.
Parla Tullia Rossi, Vicepresidente
Pubblicata il 28 novembre 2023
Che cos’è RecuperiAMO?
Recuperiamo è un'applicazione innovativa che consente ai volontari di partecipare
attivamente e organizzare campagne di raccolta rifiuti in modo semplice e intuitivo. La
piattaforma semplifica non solo l'organizzazione delle raccolte, ma arricchisce anche
l'esperienza attraverso la registrazione dettagliata dei dati relativi alle attività di recupero.
Inoltre, i volontari hanno la possibilità di guadagnare riconoscimenti speciali sotto forma di
badge di merito, valorizzando così il loro prezioso contributo alla causa ambientale.
Cosa vi spinge a credere nel vostro progetto?
La nostra fiducia nel progetto Recuperiamo è alimentata da diversi elementi chiave.
Crediamo nella sua forza grazie all'accessibilità universale, all'incremento della
partecipazione ambientale e all'inclusività volontaria. Il rispetto per la natura, il
coinvolgimento delle persone, il monitoraggio dettagliato e gli incentivi tramite
l'applicazione contribuiscono a rafforzare la nostra convinzione. Il sostegno istituzionale
della Regione Lazio, la sostenibilità economica a lungo termine e l'ispirazione personale
completano il quadro, dimostrando che il nostro impegno sincero e le caratteristiche
uniche del progetto ci spingono a credere nel suo successo e impatto positivo.
Qual è l’impatto dell’uso di plastica monouso sulla salute della fauna acquatica e su
quella umana? Una volta dispersi nell’ambiente, quanti di questi rifiuti sono
effettivamente riciclabili?
L'uso di plastica monouso ha un grave impatto sulla salute della fauna acquatica e umana.
Questi rifiuti, quando dispersi nell'ambiente, sono difficilmente riciclabili a causa di
contaminanti e della complessità dei materiali plastici.
Crede che in Italia si sia sviluppata una maggiore consapevolezza al riguardo?
Cosa si sentirebbe di consigliare per ridurre il consumo di plastica usa e getta?
Sì, in Italia c'è stata una crescente consapevolezza riguardo all'impatto negativo della
plastica monouso sull'ambiente e sulla salute. Per ridurre il consumo di plastica usa e getta,
consiglierei l'adozione di abitudini sostenibili, come l'uso di alternative riutilizzabili, la
partecipazione a iniziative di sensibilizzazione e la promozione di politiche che favoriscano
la riduzione dell'uso di plastica monouso a livello individuale e collettivo.
RecuperiAMO è un'app che ha l'obiettivo di far incontrare e far lavorare insieme persone interessate alla pulizia dell'ambiente che le circonda. Il progetto può essere seguito anche su Facebook ed Instagram.
Parla Stefano Bonaventura, Co-fondatore
Pubblicata il 16 ottobre 2023
Che cos’è +mino Ecolab?
+mino è nato da un gioco di parole (si pronuncia piumino) ed è un marchio di abbigliamento a bassissimo impatto ambientale, realizzato interamente nel nord Italia. Nasce dalle esperienze di due imprenditori animati da una profonda vocazione green: io dal 2008 progetto collezioni in poliestere riciclato dalle bottiglie di plastica e sono, di fatto, uno dei pionieri della giubbotteria eco-sostenibile; Michele Tarolli, il co-fondatore di +mino, è un imprenditore abile e visionario che dopo l’affermazione nel settore vegan-food ha deciso di applicare il suo modello di business sostenibile al settore dell’abbigliamento. +mino progetta, sviluppa e distribuisce capi invernali realizzati esclusivamente in poliestere riciclato certificato, privi di materiali di origine animale. Anche le imbottiture sono in poliestere riciclato certificato Global Recycled Standard; ciò significa che i capi, a fine vita, possono essere normalmente smaltiti nel cassonetto della plastica, salvo diverse disposizioni del comune di residenza.
Cosa vi spinge a credere nel vostro progetto?
La consapevolezza di poter fare qualcosa di utile per il pianeta in cui viviamo, per noi e per le generazioni che verranno. Siamo molto determinati nell'affermare le nostre proposte e soluzioni per vestire senza recare troppi danni all’ecosistema, messo così a dura prova dallo stile di vita usa-e-getta dell’ultimo mezzo secolo. Abbiamo scelto fornitori e produttori a km quasi zero proprio per ridurre quanto possibile l’impronta ambientale del nostro lavoro, dichiarando con estrema trasparenza, in una etichetta posta nell’interno di ogni capo, il nome di tutte le aziende coinvolte nel nostro progetto, dal confezionista al produttore di tessuti e minuterie accessorie. Non esiste al mondo un marchio che si può permettere tale trasparenza, e a noi piace moltissimo condividere queste informazioni con il pubblico che ha deciso di vestire +mino. Pensiamo che questo sia un atto dovuto di estrema lealtà e impegno nei loro confronti.
Qual è l’impatto ambientale della produzione di giacche e cappotti con materiali vergini?
Il poliestere vergine ha le stesse caratteristiche di quello riciclato ma la sua produzione richiede - secondo uno studio del 2017 - circa il 60% di risorse in più. Inoltre incentiva l’estrazione di petrolio greggio e del gas naturale dal suolo, contribuendo a rinforzare la nostra dipendenza dai materiali fossili. Tutto l’abbigliamento realizzato con fibre vergini ha un impatto sull’ambiente quasi doppio rispetto a quello in fibre riciclate, in termini diretti ed indiretti: la produzione dei tessuti vergini consuma molta più energia, impiega agenti chimici estremamente dannosi per l’ecosistema, e studi recenti dimostrano che i capi in poliestere non riciclato rilasciano più microplastiche nelle acque. I procedimenti meccanici per la trasformazione delle bottiglie in fibra tessile hanno invece ottime performance ambientali ma sono più costosi; il prezzo abbordabile dei tessuti vergini favorisce la loro diffusione per le collezioni low cost il cui danno peggiore, oltre a quello dello spreco in sé, è che rende economicamente poco allettante un'azione globale massiccia volta al recuperare i miliardi di tonnellate di plastiche che soffocano il nostro pianeta.
Credi che in Italia si sia sviluppata una maggiore consapevolezza al riguardo? Cosa ti sentiresti di consigliare in tal senso?
Presentare personalmente i nostri prodotti a fiere ed eventi ci consente di avere un contatto diretto con il pubblico, con il quale amiamo confrontarci per raccogliere suggerimenti e migliorare le nostre produzioni. I segnali sono straordinariamente incoraggianti, sono davvero in crescita i consumatori definiti “responsabili”. Termini come ecosostenibile, riciclato e riciclabile, biocompatibile, km zero, basso impatto ambientale, responsabilità sociale, ormai ricorrono spesso anche nel linguaggio del marketing 2.0 proprio per catturare l’attenzione di un pubblico sempre più informato ed eco-orientato. Credo sia determinante la facilità, tipica dei social, nel divulgare informazioni e nel promuovere stili di vita più sostenibili. Restiamo vigili, informiamoci, guardiamo le etichette e scegliamo con cura i prodotti di consumo. Compriamo poco e meglio, riutilizziamo, recuperiamo, ripariamo, dove possibile. E prendiamoci davvero cura di questo pianeta, per proteggere come possiamo la sua generosa bellezza e la fragilità dei suoi equilibri.
+mino Ecolab è un'azienda virtuosa che si occupa della creazione di giacche e piumini da materiali di riciclo 100% vegan. Può essere seguita su Facebook, Instagram e YouTube.
Parla Camilla Sicuro, fondatrice
Pubblicata il 19 luglio 2022
Di cosa si occupa Laboratorio sostenibile?
Laboratorio Sostenibile si occupa della creazione di prodotti ad impatto ambientale ridotto: assorbenti e pannolini, dischetti struccanti, lavette per la pulizia del viso, coppette assorbilatte. Tutto lavabile e riutilizzabile. Inoltre, siamo molto attivi a livello di comunicazione di temi che ruotano attorno alla sostenibilità e all’igiene mestruale, così come alla parità di genere e ai diritti umani. Una parte importante del nostro progetto è anche quella legata alle collaborazioni con altre associazioni ed ONLUS, insieme al programma “Donazioni”, attraverso cui raccogliamo fondi per realizzare assorbenti lavabili da donare a persone in difficoltà socio-economica.
Cosa vi spinge a credere nel vostro progetto?
Negli ultimi tempi abbiamo notato un interesse crescente verso tematiche legate alla sostenibilità: sempre più persone cercano di attuare cambiamenti nella loro quotidianità per alleggerire la propria impronta sul pianeta.
Il nostro progetto vuole supportare chi crede che il cambiamento possa avvenire tramite scelte consapevoli. In questo caso, soprattutto, modificare la propria igiene mestruale per renderla sostenibile. Il riscontro che stiamo avendo è più che positivo, considerando specialmente che la nostra associazione ha visto la luce nel bel mezzo di una pandemia globale che ha portato al ritorno indiscriminato di varie tipologie di prodotti monouso. Se l’interesse verso le nostre creazioni lavabili è già alto in questo periodo di transizione, siamo fiduciosi che lo sarà ancora di più nei prossimi anni.
Crediamo nel progetto perché confidiamo fermamente nella validità dei nostri prodotti: dopo mesi di ricerche e decine di test sui tessuti, i feedback della clientela ci mostrano che, la strada che stiamo percorrendo, è decisamente quella giusta.
Qual è l’impatto ambientale di assorbenti e tamponi femminili?
L’impatto dei prodotti mestruali usa e getta è incalcolabile. Si stima che ogni singolo assorbente impieghi circa 500 anni per decomporsi, senza mai degradarsi completamente vista la sua composizione sintetica. Milioni di assorbenti che, insieme ai pannolini per neonati, sono tra i rifiuti maggiormente presenti nelle discariche di tutto il mondo. Prodotti pensati per avere una vita brevissima hanno un impatto ambientale enorme: un puro controsenso. Ma per fortuna ad oggi esistono alternative validissime e adatte ad ogni tipo di necessità.
Crede che in Italia si sia sviluppata una maggiore consapevolezza al riguardo? Cosa si sentirebbe di consigliare in tal senso?
Assolutamente sì. Lavorando online da qualche anno e parlando giornalmente con potenziali clienti, abbiamo riscontrato una genuina volontà di conoscere le alternative ai comuni prodotti usa e getta. A tutte le persone ancora scettiche lì fuori mi sento di suggerire questo: sperimentate! Non fatevi bloccare dalla paura del cambiamento e non abbiate fretta di stravolgere le vostre abitudini in un colpo solo. Anche con un piccolo passo alla volta, seguendo il vostro ritmo, potrete realmente iniziare a fare la differenza.
Laboratorio Sostenibile è un'azienda virtuosa che si occupa della creazione di prodotti per l'igiene femminile lavabili e sostenibili. Può essere seguita su Facebook ed Instagram.
Parla Giuseppe Internò, Presidente
Pubblicata il 19 febbraio 2022
Di cosa si occupa Plasticaqquà Taranto?
Plasticaqquà A.P.S. è un gruppo di cittadinanza attiva che ripulisce le coste e le spiagge dei due mari di Taranto dal 2013. Realizza iniziative che mirano a sensibilizzare alle tematiche ambientali, divulga buone pratiche, promuove la valorizzazione di tratti costieri abbandonati, promuove lo sviluppo sostenibile e svolge attività di denuncia. Sino a fine 2021 ha effettuato 111 raccolte rifiuti rimuovendo dall’ambiente 43,4 tonnellate i rifiuti. Nel 2020 ha avviato un’ecolibreria in cui si può scegliere un libro usato in regalo tra quelli disponibili, ogni 10 bottiglie in plastica o lattine in alluminio consegnate.
Cosa vi spinge a credere nel vostro progetto?
Dal 2013 ad oggi, sia a Taranto che in tutta Italia, abbiamo notato un notevole incremento di gruppi ed associazioni che trattano temi simili a quelli che portiamo avanti, questo ci fa capire che il problema dell’abbandono dei rifiuti e in particolare dell’inquinamento da plastiche è molto sentito. Sempre più insegnanti ci contattano per realizzare incontri informativi con i ragazzi e laboratori di riciclo e riuso coi più piccini.
Qual è l’impatto dell’uso di plastica monouso sulla salute della fauna acquatica e su quella umana? Una volta dispersi nell’ambiente, quanti di questi rifiuti sono effettivamente riciclabili?
Pesci ed uccelli marini scambiano le plastiche per prede e le inghiottono. Alcuni di questi animali muoiono per soffocamento o per occlusione intestinale oppure per denutrizione poiché, avendo lo stomaco pieno di plastiche che non si degradano, non avvertono il senso della fame e smettono di cibarsi. Le micro e le nano plastiche sono entrate prepotentemente nella catena alimentare. Una recente ricerca ha rilevato tracce di plastiche persino nelle feci di neonati. Uno studio commissionato dal WWF ha rilevato che settimanalmente ingeriamo 5 grammi di plastica, che è pari al peso di una carta di credito. Una volta ingerite, le plastiche non vengono smaltite dal nostro corpo e si accumulano nell’intestino. Ad oggi gli effetti delle plastiche sulla nostra salute sono ancora poco conosciute ma i pochi studi realizzati a riguardo non lasciano presagire nulla di buono.
Non tutti i rifiuti abbandonati nell’ambiente vengono riciclati poiché mancano disposizioni univoche circa il trattamento di rifiuti dispersi. Alcune aziende che si occupano di raccolta e smaltimento rifiuti li considerano contaminati e li trattano come indifferenziati, altre li caratterizzano, altre ancora li riciclano tranquillamente. Nello stesso Stato in cui vigono le stesse leggi, i rifiuti dovrebbero essere trattati allo stesso modo.
Crede che in Italia si sia sviluppata una maggiore consapevolezza al riguardo? Cosa si sentirebbe di consigliare per ridurre il consumo di plastica usa e getta?
C’è decisamente maggiore consapevolezza. Il mercato stesso si sta orientando verso scelte più green proprio perché sono in aumento i consumatori che preferiscono fare scelte meno impattanti sull’ambiente. L’Italia è il maggior consumatore in Europa di acqua in bottiglie di plastica. Si potrebbero installare depuratori, fontanelle pubbliche, acquistare bottiglie in vetro da riempire presso casette dell’acqua disseminate ormai ovunque. Un altro grande passo in avanti sarebbe inoltre smettere di acquistare tutto ciò che è superfluo, di cui possiamo fare tranquillamente a meno in quanto non necessario: buste, bustine, cannucce, sacchetti, salumi o formaggi imbustati, frutta e verdura monoporzione incellophanata e così via. Si può riusare o riparare anziché buttare senza pensarci due volte. Si può valutare anche il mercato dell’abbigliamento usato a scapito della fast fashion. Ognuno di noi può fare tantissimo nel quotidiano, basta volerlo e rendersi conto che è estremamente necessario cambiare rotta quanto prima se vogliamo consegnare un mondo accettabile alle prossime generazioni.
Plasticaqquà Taranto è un'associazione virtuosa che si occupa di raccolte di rifiuti e sensibilizzazione e che gestisce un'ecolibreria. Può essere seguita su Facebook ed Instagram.
Pubblicata il 30 ottobre 2021
Da dov'è nata l'idea per Culla di Teby e di cosa si tratta?
Quando ho scoperto il mondo dei lavabili me ne sono innamorata. Ho acquistato il mio primo kit, non soddisfatta ho provato una marca diversa, poi ne ho scoperta un’altra migliore, ma c’era sempre qualcosa che non andava.
Ho provato allora a immaginare cosa volessi in un pannolino per il mio bimbo, cominciando ad autoprodurli in casa. Poi la volontà di condividere con altre mamme i mie modelli e le mie scoperte è cresciuta, trasformandosi in un anno e mezzo di studio e test. I primi prototipi sono diventati un brevetto e quel brevetto ha dato il via ad una piccola produzione.
Qual è la ragione principale per cui crede in questo progetto?
I pannolini lavabili Culla di Teby sono 100% made in Italy, sono stati ideati, progettati e confezionati in Italia con tessuti certificati Oeko tex. Il pannolino lavabile Teby è stato studiato e brevettato per essere comodo, per i genitori che sono attenti al benessere dei loro bimbi e all’ambiente senza rinunciare alla praticità; è inoltre il primo pannolino Italiano trasformabile in base alle diverse necessità.
Il sistema Culla di Teby consiste in un pannolino composto da una soffice mutandina di cotone e da una culla impermeabile ma traspirante in tessuto tecnico che accoglie un inserto assorbente lavabile o gettabile. E’ un pannolino ibrido e può essere utilizzato sia come un normale lavabile oppure come un usa e getta ecologico e persino come un costumino da bagno super contenitivo: basterà scegliere l’assorbente adatto.
Qual è il consumo medio di pannolini usa e getta pro capite e quale il loro impatto sulla salute umana, animale ed ambientale?
Un bambino, nei primi tre anni di vita, consuma circa 5000 pannolini usa e getta; con un kit completo Culla di Teby si possono risparmiare più di 1.300 euro e, utilizzando gli inserti lavabili, si risparmia al nostro ambiente anche una tonnellata di rifiuti ed i 500 anni necessari a decomporsi. Scegliendo i nostri refill usa e getta si può essere sicuri di non buttare plastica o materiali sbiancati chimicamente.
Quali consigli si sente di dare in questo senso? Crede esistano delle soluzioni individuali e di mercato che non sono state ancora valutate?
Il consiglio che posso dare è quello di essere sempre informati e di continuare a cercare soluzioni che, nel nostro piccolo, possono contribuire a migliorare il mondo in cui viviamo. Cercare tessuti e materiali con il minor impatto ambientale possibile è ormai fondamentale e capire il valore reale di un prodotto è molto importante. Non bisogna soffermarsi solamente sulla comodità o sul prezzo. Dovremmo essere sempre consapevoli di ciò che compriamo e dell’impatto a breve e lungo termine che le nostre scelte hanno su di noi e sul nostro pianeta.
In Italia penso che si possano migliorare i servizi offerti dai comuni e dalle regioni. Bisogna incentivare e rendere partecipi e consapevoli i cittadini sulle alternative ecosostenibili che si posso attuare all’interno delle proprie città.
Culla di Teby è un marchio italiano di pannolini, mutandine ed articoli per la prima infanzia realizzati in materiali ecologici e lavabili. Una soluzione perfetta per la salute dei bambini e di tutto il pianeta.
Pubblicata il 18 agosto 2021
Da dov'è nata l'idea per Una cosa possibile e di cosa si tratta?
L’idea di fare un libro è venuta ad Andrea Alari di Surforall dopo la mia esperienza con il surf adaptive a Fuerteventura. Una sera a cena con Marco Rizzi, l’illustratore, si è accesa la lampadina e abbiamo capito come affrontare con delicatezza il tema della disabilità. Una cosa possibile è un libro illustrato per bambini che affronta il tema dell’inclusione attraverso il mondo degli animali. La varietà di ogni personaggio viene esaltata dalla sua scoperta del surf.
Dopo 8 mesi di intenso lavoro, la stampa delle copie (luglio 2021) è stata possibile grazie anche al crowdfunding che abbiamo lanciato ad aprile 2021 sulla piattaforma Produzioni Dal Basso.
Qual è la ragione principale per cui crede in questo progetto?
Il libro è solo la punta dell’iceberg di un progetto nel quale vogliamo sviluppare percorsi educativi per promuovere l’unicità di tutti, l’eguaglianza di opportunità e l’accessibilità. Il rispetto della natura e la promozione dell’attività sportiva saranno sia mezzo che finalità di questi percorsi. Il surf per tutti è il nostro obiettivo, contribuendo con il nostro progetto allo sviluppo del surf adaptive anche in Italia. Non ha prezzo regalare l’emozione di cavalcare un’onda a chi ha la voglia e la volontà di provarci.
Nella sua storia, gli animali protagonisti raccolgono rifiuti da una spiaggia per dar loro una seconda vita. Perché ha ritenuto importante parlare anche di ambiente?
Abbiamo ritenuto importante parlare di ambiente perché il rispetto per tutto ciò che ci circonda è nel DNA di tutti e tre, mio di Andrea e di Marco. Il problema dei rifiuti - e della plastica in primis - non può più essere sottovalutato ma non solo dalle istituzioni: i primi a dover far qualcosa siamo noi, noi ospiti di questo meraviglioso pianeta; le nostre azioni devono essere sostenibili per limitare il più possibile l’impatto sull’ambiente. Per queste ragioni non potevamo non stampare il libro su carta riciclata.
Quali consigli si sente di dare in questo senso? Crede esistano delle soluzioni individuali e di mercato che non sono state ancora valutate o che dovrebbero essere preferite?
Il consiglio che posso dare è quello di porsi sempre delle domande e cercare le risposte. E' fondamentale chiedersi da chi, dove e in che modo è stato realizzato un determinato prodotto. Con questo approccio sarà sempre possibile trovare delle soluzioni alternative a produzioni non rispettose delle persone, delle risorse naturali e di tutti gli animali.
Come dichiarato da ideatore, autore ed illustratore sul sito di crowdfunding Produzioni dal basso, la pubblicazione del libro è stata solo il punto di partenza in un percorso volto a promuovere il messaggio educativo alla base della storia.
Pubblicata il 4 gennaio 2021
Come e quando è nata Plastic Free? Di cosa si occupa?
Plastic Free Odv Onlus è un’associazione di volontariato nata il 26 Luglio 2019 con l’obiettivo di informare e sensibilizzare più persone possibili sulla pericolosità della plastica, in particolare quella monouso, che non solo inquina bensì uccide. Si sviluppa online attraverso i social network a partire da Aprile 2019, diventando una realtà sempre più grande e con referenti in tutt’Italia.
Quali ragioni vi spingono a credere nel vostro progetto?
La plastica sta distruggendo il nostro pianeta, inquina il nostro mare uccidendo migliaia di animali e arriva, indirettamente, sulle nostre tavole. Personalmente, posso testimoniare che l'associazione in meno di un anno è passata da qualche referente sparso per l'Italia a trecento. Questo incremento in modo così veloce ci dà forza e coraggio, perché noi vogliamo ripulire l'intero "stivale" e sensibilizzare il popolo italiano. Nel 2021 vogliamo raggiungere due MILIONI di chili di spazzatura rimossa dall'ambiente, grazie all'aiuto di centinaia di migliaia di volontari e di oltre mille referenti. Vogliamo fare la differenza su tutto il territorio italiano.
Quali sono i dati che riguardano la quantità di plastica riversata in mare ogni anno? Perché crede che sia importante raccoglierla dalle spiagge? Qual è la relazione fra microplastiche e salute umana?
Non so se fa più paura sapere che 570.000 tonnellate di rifiuti si trovano nel Mar Mediterraneo o che l'uomo ingerisce ben 5 grammi di plastica a settimana, come se ogni sabato al posto della pizza mangiassimo una bella carta di credito. Ripulire le spiagge permette di non far arrivare in mare i nostri rifiuti e salvare il salvabile, ma ciò non basta. Per dare una vera svolta al problema bisogna educare e informare la gente sulle problematiche a cui può portare un rifiuto abbandonato. Il vero problema delle microplastiche non si ferma alla materia in sé e per sé, ma riguarda la sua composizione chimica e quello che può causare al nostro organismo. Le sostanze inquinanti che ingeriamo vanno ad attaccare la massa grassa dell'organismo, i tessuti adiposi. In breve, mettiamo a rischio cuore e cervello e penso che nel futuro prossimo dovremo affrontare una nuova malattia se non corriamo ai ripari.
Come stanno reagendo gli italiani alle vostre iniziative? Cosa suggerirebbe per far aumentare il numero dei volontari e far diminuire i rifiuti?
Gli italiani sono pronti a dare una mano a questa bellissima realtà e a dirlo sono i numeri. Con il nostro progetto con le scuole e con i comuni cercheremo di sensibilizzare più gente possibile e speriamo in un mondo migliore. L'associazione siamo tutti noi, chiunque può farne parte e dare un contributo e darci una mano facendo passaparola.
Oltre ad essere concretamente intervenuta sulle spiagge, sulle montagne e nelle città di tutta Italia, Plastic Free Odv Onlus ha recentemente lanciato anche una petizione contro le mascherine usa e getta (che dallo scorso anno sono diventate uno dei rifiuti più comuni) e a favore di quelle lavabili.
Pubblicata il 19 dicembre 2020
Da dov'è nata l'idea per River Cleaning e di cosa si tratta?
Spesso, tramite la televisione (e più recentemente anche tramite i social network), ci vengono proposte immagini terribili che ritraggono paesaggi naturali deturpati dall’uomo. Ci hanno sempre colpito in maniera particolare le foto di fiumi come il Gange, colmi di plastica e altri rifiuti. E proprio queste foto ci hanno spinto ad agire. Abbiamo creato un sistema modulare costituito da una barriera intelligente che permette di bloccare la plastica che i fiumi trasportano, raccogliendola prima che raggiunga il mare. Si tratta di un sistema rivoluzionario: è ad impatto zero, è auto alimentato, è autonomo ed è l’unico che permette la navigabilità. Recentemente il sistema è stato implementato con un plug-in in grado di assorbire l’olio e altri liquidi inquinanti.
Cosa spinge lei ed i suoi collaboratori a credere in questo progetto?
La popolazione mondiale deve agire in fretta per contrastare l’emergenza ambientale e per fortuna si inizia a vedere un cambiamento. Le persone iniziano ad essere più responsabili verso il pianeta e verso le generazioni future e il nostro progetto si inserisce in questo scenario. L’80% della plastica che arriva nei mari viene trasportata dai fiumi e questo è uno dei motivi che rende il nostro sistema efficace.
Secondo lei, quale impatto ha la plastica usa e getta sulla salute umana ed animale e sulla qualità dell'acqua?
Sicuramente la plastica, in particolare quella usa e getta, crea uno squilibrio nell’ambiente. Nel momento in cui arriva in mare può essere un problema per gli animali marini che possono incastrarsi o scambiarla per cibo. Inoltre, una volta che inizia il processo di decomposizione, la plastica si “sfalda” in milioni di microplastiche che vengono ingerite dai pesci e, di conseguenza, anche dagli esseri umani. Spesso però ci si dimentica che il principale problema della plastica usa e getta è causato da comportamenti individuali poco responsabili; sono infatti molto diffusi un uso e una gestione scorretta di questo materiale. Se esso venisse gettato e smaltito correttamente molti problemi non ci sarebbero.
Quali consigli si sente di dare in questo senso? Crede esistano delle soluzioni?
La soluzione principale è quella di sensibilizzare le persone verso il problema della plastica, la sua gestione e il suo uso corretto. Purtroppo però questo processo richiede tempo e intanto è importante riuscire a intercettare la plastica prima che raggiunga i mari per darle nuova vita. Bloccarla nei fiumi richiede uno sforzo economico molto minore rispetto al recupero nei mari ed è per questo che rappresenta la soluzione migliore. Per riuscire in questa impresa è necessario coinvolgere la politica e avere il suo sostegno.
Per approfondire: La Gallina Commedia, un libro per salvare le tartarughe marine
Un milione di firme per eliminare la plastica usa e getta dal mercato
River Cleaning è un progetto mirato alla rimozione dei rifiuti solidi e liquidi dai corsi d'acqua. Tramite l'impiego di una tecnologia relativamente semplice eppure innovativa, questo sistema impedisce che la plastica e gli altri rifiuti finiscano in mare, facilitandone anzi la rimozione a terra.
Pubblicata il 10 dicembre 2020
Da dove nasce l'idea per il mini-documentario Le reti fantasma e di cosa parla?
Il progetto Le Reti Fantasma nasce dalla necessità di raccontare uno dei più grandi problemi legati all'inquinamento dei mari attraverso la voce del Mare. Ogni anno negli oceani vengono abbandonate 640 mila tonnellate di reti da pesca e, secondo i rapporti annuali del programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), i dati sono in aumento. Questa estate io e mio fratello Marco Spinelli abbiamo individuato una secca a largo di Cefalù, Sicilia, completamente coperta da reti abbandonate, che continuano a “pescare” distruggendo l’intero ecosistema di quell’area. Abbiamo deciso di raccontare quella realtà: un luogo triste e desolato, dove la vita è stata bruscamente interrotta. Poi, la domanda: cosa direbbe il Mare, stanco di tanto sfruttamento da parte dell'uomo, se potesse parlare? Cosa chiederebbe? La risposta è cruda e diretta: il mare urlerebbe la sua delusione all'uomo, chiedendo di essere semplicemente "lasciato in pace", libero dalle reti che non lo lasciano respirare.
Quali ragioni vi spingono a credere nel vostro progetto?
I fondali dei nostri mari e soprattutto del Mar Mediterraneo sono pieni di reti da pesca abbandonate o perse accidentalmente che costituiscono una minaccia per l’ecosistema marino. Secondo i rapporti UNEP e FAO, le reti da pesca abbandonate nei mari di tutto il mondo rappresentano circa il 10% dei rifiuti plastici presenti negli oceani. La nostra missione ha l’obiettivo di sensibilizzare e responsabilizzare la comunità̀ locale (cittadini, pescatori, subacquei) per preservare il mare e gli animali marini, impedendo a queste “reti” di danneggiare questi delicati ecosistemi. Insieme a mio fratello Marco abbiamo realizzato questo mini-documentario, divulgandolo attraverso i principali canali di comunicazione “social”, sperando di aumentare la conoscenza di questo grave problema "globale”, ad oggi poco conosciuto. Ciò che vuole trasmettere il video è una testimonianza della realtà, sensibilizzando le persone al rispetto del mare ma soprattutto facendo informazione su un problema ancora troppo sottovalutato.
Potrebbe riassumere brevemente l'impatto ambientale causato dall'uso e dell'abbandono delle reti e di altri oggetti in plastica – monouso e non - nel mare? Quali sono i rischi per la salute umana?
Migliaia di metri quadrati di reti da pesca abbandonate sono sparsi in aree sempre più vaste dei nostri fondali, provocando una crescente forma di desertificazione degli ecosistemi marini. Nel Mediterraneo le reti fantasma ricoprono aree sempre più estese di pareti sottomarine e di secche, provocando una graduale distruzione di ogni forma di vita, soprattutto della fauna coralligena e ittica: un pericolo per gli animali che vi rimangono intrappolati e soffocano. Queste reti, costituite in gran parte in plastica diventano una delle principali fonti di rifiuti marini e d’inquinamento causando danni irreparabili agli ecosistemi. Studi recenti del 2017 e del 2018 hanno suggerito che l’inquinamento delle reti fantasma potrebbe rappresentare circa il 46% di tutte le macroplastiche nei nostri oceani. Ciò causa una riduzione degli stock ittici nei nostri mari e l’aumento di plastiche e microplastiche nelle catene trofiche degli ecosistemi marini. Questo si traduce in bio-accumulo nelle specie ittiche commerciali che ritroviamo sui banconi delle nostre pescherie.
Crede che negli ultimi anni in Italia ci sia stata una maggiore presa di coscienza in tal senso? Quali consigli si sentirebbe di dare ai cittadini per tentare di arginare questo tipo di problemi?
Ad oggi in Italia ci sono state alcune iniziative locali per la ricerca e il recupero di reti fantasma abbandonate, nate da collaborazioni tra associazioni e subacquei. In Sicilia è un problema molto noto per i subacquei che frequentano i fondali e ben visibile soprattutto nelle zone di pesca. La responsabilizzazione individuale, penso che sia il primo passo che ogni cittadino debba fare per aiutare ad arginare il problema dell’inquinamento dei nostri mari. Pescatori e subacquei dovrebbero essere i primi difensori del “MARE” sensibilizzando le persone e denunciando eventuali ritrovamenti di “reti fantasma” abbandonate o perse accidentalmente in mare, al fine di un recupero per opera della guardia costiera o attraverso iniziative locali.
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Un milione di firme per eliminare la plastica usa e getta dal mercato
Le reti fantasma è, appunto, il documentario di Andrea Spinelli e Marco Spinelli sull'impatto delle reti da pesca sugli ecosistemi marini. Molto interessante anche il loro secondo mini-documentario, Gli squali di Lampione.
Un documentario sull'impatto devastante della plastica - specialmente quella usa e getta - su ecosistemi marini e sulle comunità che risiedono vicino a corsi d'acqua.
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